di Arianna Luci
11 dicembre 2012, Piccolo Teatro Unical, Rende
-Che farei senza di te, quale sarebbe il motivo per cui svegliarmi al mattino, nella notte, quando dormo, ché mi ossessiona il tuo pensiero, a cosa penserei durante tutte le lente ventiquattro ore del giorno, come masticherei i bocconi solidi ed estranei dei pasti, come sarebbe la mia merda, i miei passi, i miei posti, addormentarmi nel letto senza nessuno, sola con te, senza nemmeno il gatto, che sento da anni miagolare solo al telefono, come un marito lontano, che tradisco con te? -
Tutte le malattie si rassomigliano. Ti assottigliano, ti stuprano dolcemente, ti con-vincono. E’ un amore, è una guerra, né vinci né perdi. Dacché ne conoscevi per cultura generale solo una definizione scolastica, diventano l’unico scopo di vita, di morte. Ogni parola è soppesata, come detta al microfono in uno stanzone vuoto con una folla di gente al di là del vetro che osserva, giudica, ignora. Tutto si fa immenso, e perfino la compagnia di una mosca può essere un estremo diversivo al rumoroso silenzio della trincea quotidiana. Una mosca è la protagonista dello spettacolo “La stanza segreta”, La Barraca, testo di Silvio Stellato, regia di Nuccia Pugliese, con Francesco Liuzzi; Rossana Micciulli; Silvio Stellato, in scena al Piccolo Teatro Unical per la rassegna “Il piacere della democrazia”. Una mosca entra nella stanza da un momento all’altro. Prima non c’era, e un secondo dopo non sai come mandarla via; quindi la lasci lì e ci convivi. Come il virus dell’HIV, che ti entra dentro se lasci per caso la finestra aperta al momento sbagliato, quando ami, quando conosci, quando ti perdi, quando ti curi, quando nasci.
-Quando ti guardo i miei occhi, indipendenti, lacrimano, come se il nero carbone del tuo sguardo mi ardesse luce nel terreno bagnato dell’iride. Ogni lacrima è inchiostro di china, con cui disegni i contorni chiari e confusi della mia vita.
Siamo una pellicola in bianco e nero, dove ogni attimo il grigio non finisce mai di sfumare; è il vapore colorato delle nostre bocche in una sera di dicembre. E anche davanti alla scritta ‘fine’ con lo sfondo nero, quel buio è solo l’attimo prima di entrare in scena.-